Visioni e strategie per l’export del vino: intervista a Giancarlo Voglino, co-fondatore di International Exhibition Management

In un momento complesso come quello attuale, in cui su tutti i mercati si è fermata la crescita tumultuosa che l’export del vino ha mostrato negli ultimi vent’anni, è importante sentire la voce degli operatori, di chi sui mercati di tutto il mondo opera da un quarto di secolo, come International Exhibition Management, fondata nel 1999 da Giancarlo Voglino e Marina Nedic.

Giancarlo, quali sono gli elementi congiunturali che stanno caratterizzando l’attuale momento di mercato?

Siamo in presenza di un insieme di fattori che stanno creando una situazione di complessità nel mercato del vino. Anzitutto va considerato che le abitudini dei consumatori stanno cambiando, in ragione della crescita anagrafica dei boomers, che hanno sostenuto il mercato per decenni; i millennials si sono appena affacciati sul mercato del vino mentre i più giovani devono ancora trovare il proprio approccio. Le politiche salutiste, con il riflesso mediatico che si sta generando, non aiutano l’export del vino; nella ristorazione sono in atto mutamenti, il modello del sommelier che lavora per un unico ristorante è sempre più spesso sostituito dalla figura del sommelier buyer che lavora per più aziende dell’horeca. Occorre poi considerare che si sta creando una concorrenza nei confronti del vino anche da parte di prodotti non alcolici, come sta accadendo, ad esempio, per effetto dell’apertura nei confronti della cannabis negli Stati Uniti. Siamo poi nel mezzo di due guerre, e l’inflazione colpisce molto i consumi fuori casa.

Ma ritengo, dopo un ventennio di crescita come quella che c’è stata, che il fenomeno a cui stiamo assistendo sia del tutto prevedibile. Credo sia importante riflettere sulla normale ciclicità degli andamenti di mercato e non vivere il momento attuale con drammaticità. Piuttosto, la fase congiunturale in atto deve essere colta come una opportunità di lettura dei fenomeni in corso.

La ciclicità è insita nel concetto di mercato. Pensiamo a cosa è successo negli USA: se trent’anni fa il mercato americano mostrava di prediligere vini di facile consumo, sull’onda di un grande nuovo pubblico che si avvicinava al consumo di questa bevanda, lo stesso mercato ha poi cominciato gradualmente ad apprezzare vini di maggiore complessità, struttura, alcol e pregio. Oggi il mercato americano, che si è mostrato in grado di apprezzare eccellenze italiane come i Supertuscan, solo per fare degli esempi, è irriconoscibile rispetto a quei tempi. Oggi stiamo assistendo ad una ciclicità inversa, con un consumo che si sta spostando verso vini di minore gradazione e struttura.

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